Outdoor education: liberiamo i nostri bambini
È venuta l’ora dell’outdoor education, ovvero di insegnare ai nostri bambini a stare all’aria aperta e in mezzo alla natura. Secondo un allarmante studio proveniente dal Regno Unito e promosso dal marchio di detergenti Persil, infatti, i 3/4 dei bambini britannici trascorrono all’aria aperta un tempo minore rispetto a quello trascorso dai detenuti. La ricerca, condotta intervistando 2mila genitori di bambini tra i 5 e i 12 anni, ha prodotto un risultato assolutamente sconcertante: il 74% di questi bambini gioca all’aperto per meno di un’ora al giorno, il tempo minimo che i carcerati hanno come diritto inalienabile per condurre una vita dignitosa. Addirittura 1/5 (pari a circa il 18%) degli intervistati non consente ai propri figli di passare nemmeno un solo minuto al giorno in parchi e giardini. Se aggiungiamo a tale dato il fatto che il tempo che i bambini passano davanti a uno schermo – che sia quello della televisione o quello sempre più onnipresente dei computer e dei telefonini – è in media due volte superiore, abbiamo davanti un quadro a dir poco preoccupante. Occorre mettere in atto un piano di outdoor education.
Bimbi sedentari e rinchiusi in casa: un quadro desolante
“Tutti gli studi accademici – sostiene Sir Ken Robinson, educatore e consulente della Unilever, società inglese proprietaria del marchio Persil – mostrano come le attività di gioco all’aperto siano il primo e più naturale strumento di apprendimento per i bambini. È essenziale per la loro crescita. In particolare nei primi periodi di vita quando si ha un rapido sviluppo del cervello. Dobbiamo dare la giusta importanza al ruolo del gioco, in modo che i nostri ragazzi possano crescere come adulti felici, equilibrati e di successo”. Nonostante la maggior parte dei genitori intervistati durante lo studio capisca la fondamentale importanza dello stare all’aria aperta e dunque di procedere nel senso di una sana outdoor education con i propri figli, la verità è che quasi sempre alle idee poi non seguono i fatti. E i motivi sono diversi: dalla paura di lasciare i propri figli in luoghi che vengono ritenuti poco sicuri, in particolare nelle città sempre più affollate e piene di incidenti, al timore del contatto con gente estranea, dalla mancanza quasi cronica di spazi verdi che in alcune zone si riscontra all’appeal che la tecnologia ha per tutti i bambini, già a partire dai primi anni di vita. E se aggiungiamo il poco tempo che spesso genitori incastrati tra i vari impegni lavorativi riescono a dedicare alle attività di gioco dei loro figli, ecco che la situazione si fa ancor più ingarbugliata e di difficile soluzione.
Addirittura, secondo una ricerca pubblicata in febbraio e finanziata dallo stesso governo inglese, negli ultimi dodici mesi il 10% dei bambini britannici non ha messo piede in nessun luogo di gioco all’aria aperta, che sia un parco, una foresta o una spiaggia (https://www.gov.uk/government/statistics/monitor-of-engagement-with-the-natural-environment-pilot-study-visits-to-the-natural-environment-by-children). Le cose peggiorano se si prendono in considerazione famiglie a basso reddito e famiglie facenti parte delle minoranze etniche. Dati confermati anche dalla ricerca promossa da Wildfowl & Wetlands Trust (associazione impegnata a proteggere le zone umide e paludose del Regno Unito) che dimostra come i bambini provenienti dalle famiglie più disagiate siano meno interessati a vivere esperienze nella natura e lo chiedano decisamente meno ai loro genitori (http://www.wwt.org.uk/#). Condizione che però cambia dopo anche solo una giornata passata in un parco.
Obesità e miopia: tutti gli effetti (nefasti) di una mancata outdoor education
La verità è che, come sostiene Mark Sears di The Wild Network, un network di diverse organizzazioni che ha come missione quella di promuovere la outdoor education il gioco dei bambini nella natura (http://www.thewildnetwork.com/), “stiamo rinchiudendo i nostri bambini. Stiamo soffocando la loro capacità di essere liberi, di vivere al meglio la loro condizione di fanciulli, e ciò sta avendo impatti significativi”. L’aumento dell’obesità infantile e la diminuzione del benessere mentale è infatti legato inequivocabilmente alla mancanza di attività fisica all’aria aperta. Se il legame tra il poco movimento e la tendenza all’obesità pare chiara, il collegamento tra il poco tempo passato all’aperto e l’aumento della miopia è meno immediatamente comprensibile. Secondo due studi pubblicati sulla rivista Ophtalmology, uno realizzato a Taiwan e l’altro in Danimarca, nonostante non vi siano ancora evidenze scientifiche, è stato correlato il passare poco tempo alla luce del sole alla diminuzione della vista, tanto da parlare addirittura di “epidemia di miopia”, se pensiamo che negli Stati Uniti dagli anni Settanta dello scorso secolo a oggi la percentuale dei miopi è raddoppiata e in Europa è arrivata a ben il 35% (dal 20% circa). La causa di questo aumento di miopia dipenderebbe dalla mancata produzione di dopamina, stimolata dalla luce naturale: una esposizione prolungata e quotidiana alla luce del sole, quindi, aiuterebbe a prevenire quello che in oftalmologia è chiamato “l’occhio lungo”, tipico delle persone affette da miopia.
Outdoor education: la cura per bambini di nuovo “selvaggi”
Uno studio condotto dal Centre for Research and Environmental Epidemiology di Barcellona (http://www.pnas.org/content/112/26/7937) sembra dare ragione ai sostenitori della outdoor education, dimostrando come la vicinanza di spazi verde delle alle scuole aiuti i bambini a migliorare le proprie capacità cognitive: più nello specifico, all’aumento di un solo punto percentuale di aree verdi poste all’interno o in prossimità di edifici scolastici si collega l’incremento di ben il 5% della memoria a breve termine e del 6% di quella a lungo termine. In parte tali risultati possono essere spiegati con la minore esposizione all’inquinamento. A influire potrebbe essere anche l’effetto psicologico dovuto alla possibilità di guardare quotidianamente prati e alberi al posto di strade e palazzi. Proprio il legame tra il verde e lo sviluppo mentale dei bambini è alla base di quella che viene definita la outdoor education, appunto, e che sempre più si sta sviluppando, a partire dai Paesi del nord Europa. Il primo “asilo nel bosco” infatti risale agli anni Cinquanta e nacque in Danimarca per poi diffondersi in Austria, Svizzera, Svezia e Germania, dove si stima ci siano almeno un migliaio di “Waldkindergarten”. La filosofia che sta dietro a queste esperienze è quella di aiutare i bambini ad abituarsi nuovamente a vivere nel verde, giocare all’aperto e crescere consapevoli del legame con la natura. Uno dei primi esperimenti nati in Italia è stato quello dell’Asilo nel bosco di Ostia (www.asilonelbosco.com). La scuola, situata nella campagna di Ostia Antica, a due passi dal Tevere e dagli scavi, immersa in un paesaggio fatto di campi coltivati e boschetti, ospita venticinque bambini e trae ispirazione dalle esperienze di asilo nel bosco del nord Europa. “Educare all’aria aperta – si legge nel sito Internet della scuola – ci pare particolarmente funzionale ai nostri scopi in questo periodo in cui a livello scientifico si comincia a parlare di patologie legate al deficit di natura, in un contesto in cui alcune attitudini innate del bambino quali la fantasia, l’immaginazione e la creatività sono mortificate , in cui la curiosità viene imprigionata da rigidi schemi costruiti dall’adulto e in cui tutto sembra ruotare intorno all’aspetto cognitivo rilegando in un cantuccio l’importanza della relazione e delle emozioni”. Il progetto dell’Asilo nel bosco vede nello spazio esterno l’aula didattica privilegiata, “perché lo spazio aperto rispetto a un’aula stimola di più lo sviluppo del corpo e dei suoi 5 sensi”, “perché pensiamo che sia meglio entrare in un pollaio o in un orto per conoscere la provenienza di un uovo e di un pomodoro piuttosto che sentirselo raccontare e perché per riconoscere il variare e le peculiarità delle stagioni sono più funzionali delle belle passeggiate rispetto a un libro didattico dove colorare un albero spoglio autunnale o uno fiorito primaverile”. Particolare attenzione poi viene dedicata ai materiali utilizzati nella scuola: tutti gli arredi sono costruiti con materiali di recupero e non vengono usati giocattoli di plastica preconfezionati ma sfruttati sassi, legnetti, carbone, tappi di sughero.