Nobel per l’Ambiente 2016: trionfo slovacco
È slovacca, è una avvocatessa e una madre la vincitrice del Nobel per l’Ambiente 2016 per il continente europeo: si chiama Zuzana Čaputová. Gli altri vincitori sono stati Edward Loure (Tanzania), Destiny Watford (Stati Uniti), Leng Ouch (Cambogia), Luis Jorge Rivera Herrera (Porto Rico) e Máxima Acuña (Perù).
La lotta di Zuzana contro una discarica illegale e tossica
Lo scorso 18 aprile a San Francisco sono stati annunciati i nomi dei vincitori del Goldman Environmental Prize, noto anche come Nobel per l’Ambiente, e i sei attivisti, arrivati da tutto il mondo, sono stati premiati, due giorni dopo, in una affollata e seguita cerimonia presso il Ronald Reagan Building and International Trade Center di Washington. Zuzana Čaputová, madre di due figlie e avvocatessa, ha vinto il premio per la sua battaglia contro la presenza illegale di una discarica tossica nel suo paese d’origine. Pezinok, un paesino situato nella Slovacchia occidentale, è sempre stato conosciuto per le sue vigne e per le sue bellezze architettoniche e culturali, in particolare il suo castello e i musei. Dagli anni ’60 del secolo scorso, però, a soli 150 metri dalla zona residenziale, è stata aperta una discarica di rifiuti, senza nessun permesso e senza assicurare nessun tipo di salvaguardia rispetto alla dispersione delle sostanze tossiche nel sottosuolo. Pezinok è diventata così la discarica per tutta la spazzatura proveniente dall’Europa occidentale. Una volta raggiunta la sua massima capacità, il governo regionale, spinto da un ricco possidente del luogo, ha deciso di aprire una nuova discarica. Nonostante un’ordinanza del 2002 vietasse di installare discariche nei dintorni del centro abitato, il piano è andato avanti senza incontrare particolari difficoltà. Sono stati gli abitanti del posto a pagare il prezzo più alto di questa scelta sconsiderata: il numero di decessi per cancro, infatti, è notevolmente aumentato, come anche i casi di persone affette da problemi cardiocircolatori e da allergie, e un particolare tipo di leucemia è stato individuato in numero otto volte superiore alla media.
Zuzana Čaputová, nata e cresciuta a Pezinok, ha deciso di scendere in campo, stanca della puzza che da sempre la discarica espandeva nella sua casa (doveva tenere sempre chiuse le finestre per cercare di preservare la salute delle sue figlie), quando sia uno zio che una collega di lavoro sono stati attaccati dal male del secolo, il cancro. Così l’avvocatessa, forte della sua grinta, delle sue capacità e delle sue conoscenze in ambito legale, ha ingaggiato artisti, imprese, produttori di vino, studenti, rappresentanti della chiesa locale e altri membri influenti della comunità in una campagna per chiudere la discarica. Accanto alla mobilitazione della società civile, la Čaputová ha imbastito un caso legale appellandosi sia alla magistratura slovacca che a quella europea. L’obiettivo di tale attivismo è stato raggiunto nel 2013 quando la Corte Suprema Slovacca ha stabilito che la nuova discarica era illegale, ha ritirato l’autorizzazione per la sua apertura e ha ordinato di chiudere anche la vecchia discarica. Il caso è stato particolarmente importante anche a livello europeo in quanto, a seguito di tale pronunciamento, la Corte di Giustizia dell’Ue ha affermato il diritto dei cittadini, non solo in Pezinok ma in tutta l’Unione, a partecipare alle decisioni che hanno un impatto ambientale.
Dall’America all’Asia tanti modi per difendere il nostro Pianeta
La più giovane vincitrice dei Nobel per l’Ambiente 2016 è stata la statunitense Destiny Watford che, a soli 20 anni, ha combattuto contro la costruzione del più grande inceneritore mai costruito negli States, nel quartiere Curtis Bay di Baltimora, a meno di un miglio dal suo liceo (aveva iniziato la sua battaglia a soli 17 anni). Grazie alla sua tenacia e all’aiuto dell’associazione da lei fondata, la Free Your Voice, è riuscita a fare pressione sul governo locale tanto che, nel mese di marzo del 2016, il Dipartimento dell’Ambiente del Maryland non ha rilasciato i necessari permessi per la costruzione dell’inceneritore. La comunità sta ora spingendo per recuperare il sito e farlo diventare un luogo di stimolo per lo sviluppo delle energie alternative pulite, ad esempio realizzando un parco solare o un centro per il riciclo dei rifiuti.
Leng Ouch ha vinto il premio per il continente asiatico grazie alla denuncia di un disboscamento illegale messo in atto nel suo Paese, la Cambogia, mettendo a serio rischio la sua incolumità, anche per aver fatto emergere gravi casi di corruzione del potere politico che hanno portato il governo locale a dover cancellare grandi concessioni di terre.
Stesso pericolo che ha dovuto affrontare la vincitrice del Nobel per l’Ambiente per la zona del Sud e del Centro America, la contadina peruviana analfabeta di 47 anni Máxima Acuña che è riuscita a combattere e vincere contro il grande colosso minerario Newmont and Buenaventura. Proprietaria della terra che sarebbe servita all’impresa nei suoi piani espansionistici, dopo essersi rifiutata di cederla, ha dovuto subire pesanti pressioni, compresa la violenza fisica contro di lei e contro una delle sue figlie. Ma tutto ciò non l’ha fatta desistere. E nemmeno la persecuzione giudiziaria che ha dovuto subire quando la società ha citato in giudizio tutta la sua famiglia accusandola di vivere illegalmente sulla propria terra. Acuña è stata condannata a una pena detentiva, poi sospesa, di quasi tre anni e a una multa di quasi 2.000 dollari, una somma enorme per una umile coltivatrice peruviana. Aiutata dalla Grufides, una Ong ambientalista schierata accanto ai membri della comunità locale nei casi intentati con le compagnie minerarie, Acuña ha visto ribaltata la sua condanna e il suo sfratto è stato annullato.
Da Porto Rico e dalla Tanzania, infine, arrivano gli ultimi due premiati, Luis Jorge Rivera Herrera e Edward Loure, il primo protagonista della campagna per la creazione di una riserva al Puerto Rico’s Northeast Ecological Corridor, un importante luogo di nidificazione delle tartarughe di mare a Porto Rico, per combattere il rischio della loro estinzione e per proteggere il patrimonio naturale dell’isola da uno sviluppo eccessivo e dannoso; il secondo a guida di una organizzazione che ha instaurato un nuovo sistema di assegnazione delle terre, privilegiando la comunità rispetto agli individui e garantendo così la tutela ambientale di oltre 200mila acri di terra per le generazioni future.
Ventisette anni di riconoscimenti
Il Goldman Environmental Prize, anche detto Premio Nobel per l’Ambiente, è quest’anno arrivato alla sua ventisettesima edizione. È stato infatti istituito nel 1989 dal filantropo americano Richard N. Goldman, insieme alla moglie, Rhoda Goldman, e ha assegnato i primi premi il 16 aprile del 1990, giorno che coincideva con il settantesimo compleanno di Mr. Goldman.
I due fondatori videro in questo riconoscimento “un modo per dimostrare il carattere internazionale dei problemi ambientali, per attirare l’attenzione del pubblico su problemi globali di importanza critica, per premiare individui normali per i loro straordinari risultati nella difesa dell’ambiente e per ispirare gli altri ad emulare gli esempi offerti dai vincitori del premio”. L’indicazione dei vincitori spetta ad una giuria internazionale che deve scegliere tra una rosa di candidature presentate da un gruppo di importanti organizzazioni ambientaliste (dalla Oxfam America al Wwf, dall’Earth Day Network alla National Geographic Society) e da singoli individui. Ai vincitori del premio, oltre che un emolumento del valore di 175mila dollari, è assicurata la credibilità a livello mondiale e la visibilità per poter continuare a lavorare al proprio progetto e per cercare di perseguire e rendere reale la propria visione del mondo.