Riciclo, per il caffè take-away arriva la eco-tazza
Nel riciclo dei rifiuti si apre una nuova frontiera: quella dei contenitori di caffè e cappuccino da asporto. Un bicchiere fumante tra le mani per gustare una colazione veloce nella corsa verso il lavoro, magari con il cellulare nell’altra mano per non perdere tempo e soldi. Un’immagine comune, vista decine e decine di volte nei film e nelle serie televisive, tanto da far diventare la tazza di cartone da caffè uno degli status symbol del mondo occidentale. Ma una volta completato il rito mattutino (e non solo), cosa succede alla tazza?
Cartone + plastica = niente riciclo
In Gran Bretagna il riciclo dei bicchieri di cartone è da tempo una questione complicata da risolvere. Se pensiamo che ogni giorno i britannici consumano la bellezza di 8 milioni di caffè da asporto, che diventano ben 3 miliardi nell’arco dell’anno, e che solo una su 400 delle tazze utilizzate riesce davvero ad essere riciclata, capiamo la portata del problema. Ma dove sta la difficoltà? Non si tratta in fondo di un comune bicchiere in cartone? In realtà quelli utilizzati dalle grandi catene di caffetterie internazionali e di fast food sono solo in parte realizzati da cartone (95% circa): per rendere tali contenitori capaci di resistere alle alte temperature dei liquidi, infatti, gli interni sono rivestiti da una pellicola di plastica in polietilene. Una volta arrivate dunque al centro di raccolta dei rifiuti, tali tazze devono essere trattate per staccare dal cartone la parte di plastica, ma questo procedimento comporta aumento di tempo e quindi aumento di costi. È questa la vera sfida, dunque, che non è limitata solo alle tazze da caffè, ma a gran parte del comparto del take-away: separare i materiali compositi. Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, esistono regolamenti comunitari volti a impedire che le tazze da caffè vengano realizzate con carta riciclata. Un’ulteriore problematica è legata alla contaminazione delle fibre di carta che avviene nel momento in cui il caffè viene versato all’interno del bicchiere e viene a contatto con la carta stessa. Proprio per questo, ad esempio, Buffa, la più grande società di gestione dei rifiuti del Regno Unito, dichiara che molte delle cartiere alle quali viene proposto il riciclo e riutilizzo di carta proveniente dai bicchieri di cartone rifiutano senza tentennamenti tale proposta. Molto spesso, dunque, succede che a comportamenti eco-sensibili e consapevoli di tanti amanti del caffè, che si preoccupano di gettare nel giusto contenitore il proprio bicchiere, e che così pensano di avere aiutato il pianeta, non corrisponde lo stesso tipo di azione da parte dell’industria del riciclo. Da qualche parte, nel cammino che i “bicchieroni” fanno dal cestino della raccolta differenziata all’impianto di raccolta, succede qualcosa che fa di queste “tazze riciclabili” tazze “non riciclate”. L’arcano è facilmente spiegabile, in realtà: per le aziende che si occupano della raccolta e del trattamento dei rifiuti per il riciclo, l’oggetto-tazzina di cartone è spesso un enigma da risolvere. E la risposta alla domanda: “Ma queste tazzine sono davvero riciclabili?” cambia a seconda delle persone interpellate. Pret a manger, una delle più grandi catene di fast food londinesi, per fare un esempio, ha dichiarato di usare tazzine completamente riciclabili, ma in realtà ha già da anni tolto da esse il logo che certifica la riciclabilità di un prodotto.
La risposta di Starbucks
Innovativa la risposta che tenta di dare al problema Starbucks, il colosso del caffè presente con i suoi punti vendita in tutto il mondo, e che pare arriverà anche in Italia nel prossimo anno (a Milano). Insieme alla società Veolia, specializzata nel trattamento dei rifiuti, sta infatti sviluppando una tecnologia in grado di trasformare le tazze di cartone in pasta di carta da impiegare per creare nuovi prodotti, come ad esempio sottobicchieri da offrire ai propri clienti. Starbucks già da tempo sta sperimentando vie differenti per contrastare l’inquinamento dovuto all’eccessiva produzione di rifiuti, oltre a investire nella ricerca per trovare nuovi materiali riciclabili. È un’abitudine ormai consolidata per i clienti della caffetteria arrivare con una propria tazza e ottenere per questo uno sconto di 10 cent sul prezzo di caffè e cappuccini o su qualsiasi altra bevanda disponibile. Negli ultimi tre anni, poi, Starbucks ha scelto di introdurre nei punti vendita nordamericani dei contenitori riutilizzabili offrendo tazze plastificate a costi molto bassi, tazze che poi possono essere lavate in loco e portate a casa (addirittura può essere richiesta una personalizzazione della tazza facendo apporre sulla superficie il proprio nome).
Se la tazza è davvero green il riciclo è garantito
Sembra uguale alle altre ma è in realtà una innovazione importante la tazza tutta verde proposta dalla società britannica Green Your Cup (ancora il Regno Unito, dunque). Questa infatti, esattamente come le sue sorelle più tradizionali, è realizzata abbinando la carta alla plastica. La novità è che è stata sviluppata una pellicola di plastica nettamente più sottile delle altre e incollata in modo tale da diventare facilmente eliminabile durante la fase di lavaggio nei centri di riciclo dei rifiuti. Inoltre a rendere ancora più riciclabile la tazza è la mancanza di sostanze chimiche normalmente utilizzate per incollare la pellicola di plastica alla carta. Grazie a tutto ciò, il processo di riciclo si abbatte drasticamente, nei tempi, e quindi nei costi conseguenti: se per una tazzina di cartone tradizionale l’operazione di separazione della carta dalla plastica prevede un tempo di circa 2 ore, con la tazza “verde” questo si riduce a soli 6 minuti.
E in Usa si studia la bio-tazza: da contenitore alimentare a concime
Ma la soluzione più innovativa arriva senza dubbio dall’America, più precisamente dalla start up Reduce-Reuse-Grow, che sta perfezionando un contenitore da asporto che non solo non si butta via dopo essere stato usato, ma che addirittura può essere piantato e contribuire così ad aumentare la popolazione di fiori e alberi del nostro pianeta. Il procedimento è davvero molto semplice: una volta utilizzata, la tazza viene aperta, immersa nell’acqua e lasciata così per circa cinque minuti. Dopodiché basta usare il composto che si ottiene dall’ammollamento come concime, in base ai semi che vi sono contenuti, seguendo gli importanti consigli offerti per rendere rigogliose le piante così ottenute. Grazie a questo progetto, secondo la società americana, si raggiungerebbe l’obiettivo di eliminare oltre una tonnellata di CO2 dall’atmosfera all’anno una volta piantata ciascuna tazza. Oltre a non trasformarsi in rifiuti, le tazze darebbero poi origine a nuova vita e, anche se non piantate ma gettate via, sarebbero completamente biodegradabili in soli 180 giorni. Una piccola grande rivoluzione per il mondo del riciclo.