La Terra sta affrontando una crisi profonda a causa del cambiamento climatico, l’inquinamento è ai massimi livelli storici e i governi si stanno impegnando nel trovare un modo per limitare l’uso dei combustibili fossili; nonostante gli sforzi, tutto questo potrebbe non bastare. Secondo una relazione pubblicata dalle Nazioni Unite, infatti, l’agricoltura e l’allevamento sembrano essere oramai sullo stesso piano del consumo di combustibili fossili, in termini di danno da inquinamento. La decisione di passare a una dieta improntata al veganismo sembra quasi di importanza vitale, dunque, se vogliamo salvare il nostro pianeta, dal momento che il report delle Nazioni Unite afferma che, con una popolazione mondiale prevista intorno ai 9,2 miliardi di persone nel 2050, la tipica dieta occidentale, ad alto contenuto di carne e latticini, diventerà presto insostenibile a livello ambientale.
Gli sforzi dell’Onu contro il cambiamento climatico
Quando lo scorso dicembre i governi di oltre 190 nazioni si sono incontrati a Parigi alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (COP21) per firmare un accordo globale sul cambio climatico, grande è stata l’attenzione rivolta all’agricoltura, in particolare all’allevamento. Molte organizzazioni si sono unite per realizzare dei report relativi all’argomento, tra le quali Green Alliance, Greenpeace, il WWF e il RSBP. Nella relazione finale della Conferenza, tutte le parti in causa hanno convenuto sul fatto che soltanto “un accordo forte farà una differenza significativa per le capacità dei singoli Paesi di affrontare il cambio climatico.
L’allevamento di bestiame prima causa del cambiamento climatico
Ma qual è il problema dell’allevamento, cosa è che non va nei prodotti di origine animale? Il fatto è che più del 40% del grano coltivato nel mondo viene direttamente utilizzato come mangime, insieme a un ammontare sproporzionato di acqua fresca, pesticidi e fertilizzanti che vengono utilizzati nella catena di produzione della carne, così come la terra. L’agricoltura, in particolare l’allevamento della carne e i prodotti caseari, portano circa al 70% del consumo di acqua dolce globale, il 38% della terra totale utilizzata e il 19% delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale, secondo la relazione delle Nazioni Unite, delle cifre davvero enormi. Cowspiracy, un documentario prodotto e diretto da Kip Andersen e Keegan Kuhn che esplora l’impatto dell’allevamento e dell’industria animale sull’ambiente, investigando le politiche delle organizzazioni ambientaliste su questa questione, alza ancora di più queste statistiche. I realizzatori sostengono che il bestiame e i suoi prodotti derivati siano la causa di almeno 32.000 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) all’anno, circa il 51% di tutte le emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale. E il carbonio non è l’unico problema: l’agricoltura animale genera anche molto metano.
Un documento pubblicato nel magazine Science già negli anni passati ipotizzava che il metano è da 25 a 100 volte più distruttivo dell’anidride carbonica, se si considerano i suoi effetti non immediati ma in un lasso di tempo di vent’anni. Per l’American Environmental Protection Agency (EPA), il metano, prodotto da quello che si descrive spesso come “eruzioni bovine”, è oltre venti volte più efficace a intrappolare il calore dell’anidride carbonica. Ed è proprio questo è ciò che lo rende così potente.
L’autore principale della relazione delle Nazioni Unite, il professor Edgar Hertwich, ha dichiarato: “I prodotti animali causano più danni che la produzione dei minerali da costruzione come la sabbia o il cemento, plastiche o metalli. La Biomassa e le coltivazioni per gli animali sono tanto dannosi quanto i combustibili fossili.” In definitiva, l’agricoltura e lo sfruttamento della terra (spesso connesso con l’espansione agricola) sono anche la maggior causa di emissione di gas ad effetto serra, responsabile di circa il 24% dell’emissione totale di questi gas.
“Cambiamento climatico minaccia l’umanità più delle guerre”
L’agricoltura ha quindi anche un ruolo importante da svolgere per ridurre la concentrazione di carbonio nell’atmosfera, senza minare la sicurezza del cibo. È fondamentale mostrare le opportunità esistenti per ridurre le emissioni di gas serra paragonate agli andamenti previsti senza minare la sicurezza del cibo. George Monbiot, giornalista, accademico, autore, ambientalista e presidente onorario della Campagna contro il Cambiamento Climatico, sostiene che “il cambiamento climatico è forse la calamità più grave che le nostre specie abbiano incontrato. Il suo impatto rende insignificante quello di ogni guerra, di ogni piaga, ogni carestia che abbiamo affrontato finora. Rende il genocidio e la pulizia etnica eventi secondari nel circo della sofferenza umana”. Parole forti, ma il giornalista continua: “Abbiamo quindi bisogno di mettere il cambiamento climatico diritto in cima all’agenda politica, dal momento che sembra essere di gran lunga la più grande minaccia per l’umanità. Dobbiamo trasformare questa nella principale campagna politica. Questo significa stare per strada, continuare con le dimostrazioni e mettere una enorme pressione sui nostri politici”.
Dopo questi report, il dubbio sembra lecito: basterebbe dunque solo trasformare la nostra dieta mediterranea in vegana per salvare il nostro pianeta dal cambiamento climatico?