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Acqua, la battaglia dell’Onu contro lo spreco

Acqua. Semplicemente il bene più prezioso per l’uomo e la sua vita. Anche quest’anno la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita sin dal 1992 dall’Onu per sensibilizzare tutti i popoli sul tema dell’importanza di questo elemento così prezioso, è stata l’occasione per fare il punto sul consumo, o forse sarebbe più appropriato dire lo spreco, di quello che è da tutti considerato ita.“l’oro blu”. E il risultato non è molto incoraggiante se pensiamo che, solo nel nostro Paese, ogni anno viene prosciugato un bacino idrico grande come il lago d’Iseo per irrigare quantità di frutta, verdura e ortaggi che non verranno mai consumati perché rientrano tra le quantità di cibo che viene sprecata quotidianamente. A livello mondiale, poi, le cose non migliorano: oltre un quarto di tutta l’acqua che viene consumata è utilizzata per produrre circa un miliardo di tonnellate di cibo che poi sarà buttato.

 

Il consumo d’acqua, tra maggiori richieste e minore disponibilità

Già nel 2012 lo Stockholm International Water Institute (http://www.siwi.org/) aveva lanciato l’allarme riguardo allo spreco d’acqua mondiale, sostenendo che, ai livelli attuali di consumo irresponsabile, entro il 2050 il mondo potrebbe andare incontro a difficoltà crescenti nello sfamare la propria popolazione. I 9 miliardi di persone previsti, infatti, richiederanno un aumento nel consumo di cibo e fibre del 70%, cifra insostenibile se confrontata con la quantità attuale di acqua presente su tutto il nostro pianeta. La terra è infatti incredibilmente ricca di acqua ma solo il 2,5% di essa è dolce, quindi utilizzabile. La percentuale si abbassa ulteriormente, fino a raggiungere circa l’1%, se consideriamo solo quella più facilmente accessibile come l’acqua dei fiumi, dei laghi, delle falde acquifere e del suolo escludendo quella racchiusa nei ghiacci e nelle acque sotterranee. A fronte di questa disponibilità limitata, si prevede invece per il 2025 una richiesta maggiore di acqua, sia da parte dei paesi in via di sviluppo (+50%) che di quelli industrializzati (+18%). Una prima conseguenza sarà che già tra una quindicina d’anni quasi la metà della popolazione mondiale (47% circa) rischia di vivere con seri problemi di mancanza d’acqua.

 

L’impronta idrica, ovvero la prima causa dello spreco

Calcolando come viene utilizzata a livello mondiale l’acqua, uno dei primi colpevoli dello spreco idrico appare abbastanza facilmente individuabile. Se il 20% viene impiegato nell’industria, ben il 70% viene consumato da agricoltura e allevamento, lasciando solo il 10% ad appannaggio dei consumi domestici, che sono invece quelli più stigmatizzati e ai quali, da tempo, si cerca di porre rimedio con comportamenti più responsabili. Il problema più serio, e di impatto maggiore, sembra dunque essere quello che viene definito come “impronta idrica”. Sul sito del Wwf troviamo questa definizione che ci aiuta a comprendere la portata del problema: “L’impronta idrica è un indicatore del volume totale di risorse idriche utilizzate da un paese per produrre i beni e i servizi consumati dagli abitanti della nazione stessa. Comprende l’acqua, prelevata da fiumi, laghi e falde acquifere (acque superficiali e sotterranee), impiegata nei settori agricolo, industriale e domestico e l’acqua delle precipitazioni piovose utilizzata in agricoltura”. E ancora: “L’impronta idrica totale di una nazione è formata da due componenti: quella interna è la quantità di acqua necessaria a produrre beni e servizi prodotti e consumati internamente al Paese, quella esterna deriva dal consumo di merci importate. L’Impronta idrica di un prodotto è costituita dal volume totale, comprendente l’intera catena di produzione, di acqua dolce impiegata per produrre quel bene stesso” (http://www.wwf.it/il_pianeta/sostenibilita/il_wwf_per_una_cultura_della_sostenibilita/perche_e_importante2/gli_indicatori_di_sostenibilita_/impronta_idrica/). Per realizzare una semplice, T-shirt, ad esempio, vengono consumati ben 2.700 litri di acqua. E ancora, se per un pomodoro il consumo di litri di acqua si ferma a 50, ne servono 1.924 per un chilo di pasta, 2.500 per produrre un solo chilo di riso e addirittura 15.415 per un chilo di carne rossa. In generale, infatti, i prodotti animali hanno un’impronta idrica decisamente superiore rispetto ai vegetali. Se il consumo di acqua quotidiano per i vegetariani si aggira sui 1.500-2.600 litri, tale cifra aumenta fino ai 4.000-5.400 per chi mangia molta carne. E ancora, la dieta mediterranea, in un anno, utilizza poco più di 1.700 metri cubi di acqua pro capite, la dieta anglosassone arriva addirittura a raggiungere il consumo di 2.600 metri cubi.

 

Spreco alimentare e spreco idrico, un legame indissolubile?

Se calcoliamo il consumo annuo dell’abitante medio del pianeta, la cifra si aggira sui 1.240 metri cubi. Per un cittadino italiano tale cifra diventa pari a 2.334 metri cubi, se viene calcolata la quantità globale di acqua consumata per produrre ciò che indossiamo e mangiamo. Ogni giorno, solo nel nostro Paese, un abitante consuma 380 litri di acqua per usi domestici, 6.400 considerando la quantità di acqua complessiva relativa non solo all’impronta idrica, ma anche a quella che possiamo definire l’impronta idrica degli sprechi. Secondo l’Osservatorio Waste Watcher (l’Osservatorio permanente sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane prodotto da Last Minute Market- http://www.lastminutemarket.it/media_news/waste-watcher/), ogni italiano, infatti, spreca circa 3,3 kg di verdure all’anno, 2,2 kg di pane e 2,5 kg di frutta. L’impronta idrica dello spreco in Italia arriva dunque alla cifra ragguardevole di 24.927 litri all’anno per ogni cittadino. Quindi dietro a 13,7 kg pro-capite di spreco alimentare annuo vengono “virtualmente” buttati circa 25 metri cubi di acqua, letteralmente dispersi nei bidoni della spazzatura. Secondo il Wwf l’Italia è al quarto posto assoluto rispetto al consumo di acqua individuale dell’intero pianeta: siamo preceduti solo da Usa, Grecia e Malesia.

 

Un consumo responsabile per un minor spreco idrico

Come abbiamo visto, il 10% dei consumi di acqua derivano dall’utilizzo domestico. Di questo 10%, solo il 3% è utilizzato per cucinare e bere mentre ben il 40% è impiegato in altri usi, come lo scarico del wc o la lavastoviglie. Con piccoli accorgimenti, come ad esempio scegliere wc con cassette a due scomparti o utilizzare lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico, si potrebbe abbattere notevolmente lo spreco idrico domestico. Discorso importante, poi, quello delle perdite di rubinetti e scarichi: al giorno si possono arrivare sprecare, per tale motivo, tra i 20 e i 40 litri di acqua, addirittura 864 per uno sciacquone che perde. Una buona manutenzione dell’impianto idrico è dunque indispensabile per ridurre sprechi inutili.

 

Acqua e lavoro: un connubio da studiare

Ma come riuscire a sottolineare sempre di più e sempre meglio la preziosità dell’acqua, invogliando l’adozione di comportamenti virtuosi e responsabili sia su larga scala che su quella piccola dei gesti quotidiani? Il tema della Giornata Mondiale dell’Acqua di quest’anno, svoltasi il 22 marzo scorso, ci può aiutare, mostrandoci anche un punto di vista sul problema diverso. Il tema era “Water and Jobs”, “Acqua e lavoro”. Le Nazioni Unite hanno voluto ribadire l’importanza dell’acqua nella creazione di occupazione: secondo studi recenti, infatti, il 78% dei posti di lavoro nel mondo dipende direttamente dall’acqua (http://www.unesco.org/tools/fileretrieve/15fec267.pdf). Di questa percentuale, il 40%, per un totale di 1.4 miliardi di posti di lavoro al mondo, è “drasticamente” legata all’acqua: l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca in acque interne, le miniere, la produzione di energia, la fabbricazione e trasformazione di alimenti, di farmaci e di tessuti. Un altro 38% poi è collegato a occupazioni che hanno nell’acqua un elemento importante, come l’industria delle costruzioni, i trasporti, le imprese di trasformazione di prodotti come gomma, carta, legno, plastica e metalli, il turismo. Ulteriore occupazione deriva poi da tutte le imprese che si occupano della gestione dell’acqua, della sua sanificazione, della lotta all’inquinamento, del risparmio idrico. Un nuovo modo di guardare all’acqua e al suo ruolo nello sviluppo economico che non può non diventare un nuovo spunto di riflessione.