Cibo sicuro: il problema del packaging alimentare
Inutile negarlo. Una delle conquiste della modernità, da oltre mezzo secolo a questa parte, è la comodità di avere a disposizione del cibo sicuro e a prova di salute grazie al fatto che gli alimenti e le bevande vengono inscatolate, imballate. La confezione conserva il cibo integro e perfettamente edibile fino al momento del consumo e comunica molte informazioni estremamente importanti per la salute: gli ingredienti, la data di scadenza, talvolta anche le modalità per consumare l’alimento in questione nel modo più opportuno e altro ancora. Inoltre il packaging consente di avere l’alimento pronto e a disposizione proprio nel momento in cui ne abbiano necessità e offre anche la possibilità di trasportarlo facilmente nel luogo in cui verrà consumato, che non sempre è la propria abitazione. Dalla busta di plastica che contiene il piatto pronto congelato, alla scatoletta metallica che conserva il tonno, fino alla bottiglia di vetro dalla quale versiamo l’acqua o il vino, le confezioni che racchiudono il cibo che mangiamo fanno parte integrante della nostra quotidianità.
Materiali sicuri per alimenti sicuri
Quello che quotidianamente ingeriamo si può dunque definire cibo sicuro per la nostra salute? Innanzitutto è opportuno chiarire che non tutti i materiali usati per confezionare il cibo hanno lo stesso tipo di impatto sugli alimenti, ma occorre avere la consapevolezza che qualsiasi tipo di confezione avrà un qualche influsso sull’alimento, magari minimo ma ce l’avrà. Da anni in tutto il mondo gli studi degli scienziati per arrivare ad avere un cibo sicuro proseguono. Lo sforzo va nella direzione di arrivare a produrre nuovi materiali con la minor capacità possibile di far “migrare” le materie chimiche dagli imballaggi agli alimenti. Fra tutti il vetro viene considerato il materiale per imballaggio più sicuro, in quanto chimicamente inerte. Eppure anche quando l’alimento è contenuto nel vetro possono esserci dei potenziali pericoli per la salute, poiché alcuni tipi di vetro contengono una certa quantità di piombo. Allarmanti in questo senso sono i dati forniti da una ricerca portata avanti negli anni scorsi dall’Istituto di Geochimica Ambientale dell’Università di Heidelberg, in Germania. Esaminando 125 marche di acqua potabile di 28 diversi Paesi, i ricercatori tedeschi hanno rilevato come le acque confezionate in bottiglie di vetro contenevano una quantità di piombo dalle 26 alle 57 volte superiore rispetto alle acque imbottigliate nel polietilene tereftalato (PET). Inoltre recenti studi hanno dimostrato che in caso di imballaggio nel vetro la migrazione chimica avviene non partendo dall’involucro, bensì dai materiali utilizzati per sigillare i coperchi metallici sui vasetti di vetro. Se passiamo ad analizzare la carta e il cartone non si può non registrare come questi siano materiali estremamente leggeri ed economici da produrre. Sotto questo aspetto sono dunque molto ecologici, poiché per crearli vengono consumate quantità contenute di materie prime e anche le quantità di combustibili necessari per il loro trasporto sono molto inferiori rispetto a quanto accade con altri tipi di imballaggio.
Riuso, riciclo e lightweighting: guerra al troppo packaging
La migrazione di sostanze chimiche dagli imballaggi è sicuramente una questione aperta nell’ambito della sicurezza alimentare. Basti pensare che da uno studio condotto nel 2007 dall’Ufficio per il Controllo della sicurezza alimentare del Cantone di Zurigo è risultato che la migrazione chimica derivante dagli imballaggi alimentari è notevolmente superiore a quella causata da pesticidi e inquinanti ambientali. Alla faccia del cibo sicuro. Non è questo però l’unico problema portato dal packaging. Il cibo e il suo imballaggio possono creare problemi alla salute dell’uomo anche a prescindere dal suo consumo. L’impatto ambientale delle confezioni alimentari sta diventando una delle prime preoccupazioni per amministratori, ambientalisti e ricercatori che (ciascuno nel suo ambito di competenza) si trovano a dover affrontare la spinosissima questione dello smaltimento dei rifiuti. Per uno scherzo della storia l’aver perseguito il giusto obiettivo della massima riduzione dello spreco di cibo, ha finito per portare a impiegare molto più imballaggio (si pensi alle monodosi). Nel 2010 un terzo dei rifiuti solidi urbani prodotti dai cittadini statunitensi era costituito da packaging alimentare.